117. Ritorno a casa?

“Amo gli inizi, mi riempiono di mannaggialcazzo.” (semicit.)

A fine Maggio finirá il mio contratto di assistenza on site sul progetto di Wuhan e questo significa che fra poco piú di due mesi torneró a Beijing, riprendendo a fare una vita “normale”, fuori dal cantiere, in una cittá che ha infinitamente piú da offrire di quanto offra quella in cui abito adesso. Ci saranno nuovi scatoloni da fare, nuovi amici da lasciare, nuovi ritmi da prendere, nuove spedizioni da organizzare e soprattutto una nuova casa da trovare, in cui dovró trascorrere un tempo indefinito. Che fatica. Non é una novitá: negli ultimi tre anni questa tiritera é giá successa quattro volte. Gli amici che ho lasciato a Beijing un anno fa quando sono venuto via non ci abitano giá piú, nella zona in cui abitavo prima spero di non doverci tornare, anche l’azienda per cui lavoro ha cambiato sede, per cui non lo sento esattamante come un “ritorno a casa”. Sará piuttosto come un ricominciare da capo per l’ennesima volta, con un bagaglio acquisito di un po’ piú di esperienza e di dimestichezza, qualche valigia di roba accumulata nel frattempo… e poco altro.

Ieri in pausa pranzo mi sono sorpeso mentre cercavo sul sito di un’agenzia immobiliare pechinese un appartamento che potesse fare, almeno sulla carta, al caso mio. É assolutamente troppo presto, visti i tempi risicatissimi con cui gli immobili vengono dati in affitto una volta messi sul mercato, e lo so benissimo, per cui mi sono chiesto il senso di questa mia ricerca. É solo perché oggettivamente Wuhan é un posto che non mi piace e in cui non riesco a vedermi a lungo termine e non vedo l’ora di venire via? Dipende davvero solamente dal fatto che dopo un anno di polvere e momenti di grande solitudine ho bisogno di un posto in cui possa prendere un caffé o una pizza senza fare trenta chilometri, o solo vedere un museo, una chiesa, un passante che non abbia gli occhi a mandorla?
Non sará piuttosto perché, mi chiedo, la mia vita é invece diventata proprio questo, un passare da un posto all’altro senza mettere mai radici troppo profonde, un ricominciare continuo, e lo stesso punto e a capo che ogni volta temo e che ogni volta mi fa fatica é invece ció che incosciamente desidero?

10 pensieri su “117. Ritorno a casa?

  1. La vita in movimento che facciamo ti riempie di una linfa adrenalica che non si ferma e che inizia a pulsare appena ti stai abituando ad un posto. Keep moving Martino ! Bellissimo post

  2. Mi é capitata la stessa cosa quando ho cambiato città per la seconda volta in pochi anni (e sempre in Italia eh..). Volevo che accadesse subito, senza attese, forse per vedere cosa ci fosse là per me. In bocca al lupo Martino!

  3. Già. Alla fine il fatto di non avere radici troppo profonde è anche una giustificazione, per tutte quelle cose che ci “obblighiamo” a fare superficialmente: conoscenze e amicizie soprattutto. Sapendo di dover partire a breve (sei mesi? Un anno? Due anni?) investiamo molto poco di noi stessi. E’ come se avessimo un involucro presentabile, buono per tutte le occasioni, che indossiamo per ambientarci il prima possibile, mentre il nostro “io” rimane dentro, o, chissà, forse ancora imballato negli scatoloni.
    Ti auguro un buon “ritorno a casa”.
    Un abbraccio!

    • È proprio così! Hai preso il punto in pieno… però ora a Beijing voglio provare a fare un tentativo vero. Voglio dire, mica ci si può far condizionare per sempre dalla data di scadenza… grazie!

  4. bella Marti. le radici profonde a dire il vero io credo che tu le abbia dentro di te. in quello e in chi ti ha fatto crescere e diventare ciò che sei oggi. non perderle mai quelle, io credo ti aiuteranno a tornare a casa tutte le volte.
    io, le ho perse mille volte, ma il bello è che possiamo sempre ripartire.

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