Cos’é Bali: gli occhi che si aprono col verso degli animali che entra al secondo piano del Tempio Indù dove hai passato la notte, Guglie e pagode dai profili e dai colori più bizzarri, Sorpassi Da MotoGP in strade in cui si guida al contrario, Scolaresche di ragazzini in uniforme bianca, Ragazzini di dieci anni alla guida di scooter scarcassati, Donne che camminano sinuose sotto il peso dei fagotti che tengono in equilibrio sulla testa, Spiagge bianche e levigate dalla marea nascoste da chilometri di palme e baracche, Altipiani assolati separati da gole rigogliosissime e fredde scavate dai fiumi, Strade di campagna fiancheggiate da case e templi scuri e decorati in ogni dettaglio, Terrazze di riso scintillanti d’acqua, Piantagioni verdi costellate da fiori rossi e cappelli a cono, Palme di infinite forme, Bouganville porpora e arancioni, Rami bianchi dritti verso il cielo e carichi di Frangipani profumatissimi, Baldacchini di bambù per pranzare sdraiati in mezzo alla Jungla, il profumo di piatti semplici ma favolosi, di frutta intarsiata servita su foglie di banano o vassoi di plastica con gli angoli sbucciati dall’usura.
Ma soprattutto gente accogliente, che ti saluta per strada quando passi in motorino nei paesi, che si lascia fotografare esibendo sorrisi irregolari, che ti ringrazia mettendoti in mano un fiore raccolto per terra in cambio della sigaretta che gli hai offerto, e che ti sorride così tanto che anche gli stranieri si salutano e sorridono fra di loro di riflesso.
Una bellezza sfacciata, impertinente, che colpisce ancora di più perché inconsapevole. Come una ragazza bella che in fondo non sa di esserlo e quasi non se ne cura.
Eppure la cosa che fa impressione è che a Bali sembra abbiano tutti un senso estetico… “innato”. Non imparato ma connaturato, forse solo “educato” da quello che hanno davanti agli occhi tutti i giorni. Non c’è muro che non sia adorno di fiori, non c’è tetto che non abbia le travi di legno intarsiato, non c’è albero a cui non siano applicati innesti di orchidee, non c’è selciato che non abbia un disegno, un decoro. Anche nelle case più umili, anche se si tratta del più modesto muro di confine.
E, come tutte le cose più belle, in fondo è irraccontabile, infotografabile, indescrivibile.
Ma ci proveró, nell’effimera speranza di condividere non perdere tutta la bellezza vista in quei giorni.
Chi avrá la pazienza di leggere questo e gli altri post a seguire (sono sei in tutto, quanti i giorni, tre in compagnia e tre da solo, che ho passato a Bali) mi perdonerá: proprio perché lo scenario é “indescrivibile”, non ho mai fatto delle foto così brutte come questa volta.
Verso l’Ulun Danu Bratan Temple
E grazie a L. per aver condiviso con me parte del suo viaggio e delle sue foto piú belle (lei, sí che é brava… lo vedete anche da QUI)
A domani.
[Continua]