Per il mio viaggio in Giappone non avevo fatto un programma serrato.
Avevo fondamentalmente deciso soltanto in che cittá avrei trascorso le varie giornate, comprando anticipatamente il JR-pass e fissando soltanto i “pernottamenti”. Il tempo l’ho riempito via via, avendo a disposizione una lista di “spots” suggerita da amici o da qualche ricerca personale, e lasciandomi guidare dell’istinto e da qualche consiglio raccattato in giro sul posto. Per cui appena arrivato al Narita International Airport sono salito su un treno veloce e ho cominciato il mio Tour da Uji, la città del Thè Verde, appena a sud di Kyoto.
Kohata è il piccolo sobborgo di Uji dove abita la famiglia che mi ha ospitato (sia benedetto AirBnB e chi l’ha inventato): la casa della famiglia Yashui é meravigliosa, in pieno stile Ryokan giapponese. I miei ospiti sono stati gentilissimi e, nonostante non parlassero inglese quasi per nulla, mi hanno servito e riverito.
Kohata é un posto fatto di casette piccole e curatissime una accanto all’altra, le più senza giardino ma con vasi e aiuole in ogni angolo. Mi ci sono immediatamente perso, lasciandomi attrarre dalla tranquillità assoluta di queste stradine. La gente mi guarda sconcertata mentre fotografo semafori, binari del treno e tendine dei negozi, come se fossi pazzo, ma è che sono proprio come quelli dei cartoni animati anni ’80 e io mi sento come catapultato dentro i sentimenti più puri della mia infanzia. È bellissimo.
(Lo so che sono uno che si entusiasma con facilità ma spero di mantenermi così a lungo…)
Subito la prima sera, tanto per cominciare bene, sono infilato in un’osteria che fa Yakitori sulla strada principale, e che avrebbe potuto essere gestita da Marrabbio in persona, ritrovandomi dopo dieci minuti a brindare a suon di saké con una tipa di nome Yu (sì, come la ragazzina di Creamy) e un suo “amico”, seduti vicino a me. Lei, per niente imbarazzata, ha tradotto che il suo compagno avrebbe poi voluto portarmi a “donne” e, avendo io declinato l’invito, mi ha spiegato come mai il compare fosse così intraprendente dicendomi che era “Yopparai” (vuol dire “ubriaco”). Lui, dal canto suo, per ringraziarmi della chiacchierata, non ha voluto sentire storie e mi ha offerto la cena. Io, estasiato dalla situazione, mi sono fatto a piedi il ritorno verso casa ridendo fra me e me.
Il mio primo giorno interamente Giappo é cominciato con Uji e il Byodoin Temple (oggi affiancato da un fantastico Museo in stile contemporaneo in cui sono conservate le opere un tempo custodite nel Tempio stesso – e in cui non erano ammesse fotografie), con tanto di degustazione di Thé verde sulle rive del fiume, per poi proseguire nel mare arancione del Fushimi Inari Taisha Shrine, uno degli scenari piú famosi di tutto il Giappone.
(Promemoria per me: il thè verde mi fa schifo, sembra di bere la borraccina del presepe).
Alle tre e mezzo del pomeriggio ero finito nelle barbe e infreddolito: ho ripreso il treno con l’idea di andare verso casa a farmi un bagno caldo. Invece ho tirato dritto per un’ora (volontariamente, non che mi sia addormentato – ci sarebbe comunque stato) e sono andato fino a Nara, la città dei cervi. Non volevo perdere tempo e avevo l’impressione che se non ci fossi andato in quel momento non l’avrai fatto più.
Ho avuto culo.
Oltre alla vista del tramonto sul Todaiji Temple dalla collinetta di fronte (la Nigatsudo Hall nel momento della preghiera dei monaci in assoluto silenzio è una meraviglia) ho beccato una serie di installazioni luminose nel parco, in occasione di un evento chiamato Nararurie, e sono tornato indietro con un treno in serata.
Viaggiare con i treni in Giappone é fantastico: sono puliti, puntuali, frequenti, e portano ovunque. Si possono usare sia per per gli spostamenti da cittá a cittá sia per quelli urbani.
Naturalmente sul treno leggo roba Giapponese.
“1Q84” di Hakuri Murakami è la mia scelta. O la scelta di chi me l’ha regalato.
Kohata e casa Yashui.
Uji: Byodoin Temple
Fushimi Inari Taisha Shrine.
Nara Park: Todaiji Temple e Nigatsudo Hall
Meraviglia…
Sono senza parole, hai catturato immagini profonde.
“Ma è che sono proprio come quelli dei cartoni animati anni ’80 e io mi sento come catapultato dentro i sentimenti più puri della mia infanzia. È bellissimo.”
Piango ;___;