Giornata strascorsa interamente a Kyoto, andando dal Nijo Castle e le strade del centro, fino ai templi sopra Gion e Higashiyama, il quartiere delle Geishe, dove alloggio in questi giorni.
Quello che noto é un senso di ordine stupefacente, che però non avverto come ossessivo-compulsivo ma come naturale atteggiamento mentale. Nel design, sotto ogni aspetto, una lampante propensione alla pulizia delle linee ma senza che questo si traduca in sciatteria o mancanza di dettaglio. E una fatale mania per il packaging. I bancomat hanno buste candide free in cui mettere i contanti appena prelevati. All’ingresso dei negozi ci sono sacchetti di chellophane arrotolati in cui riporre l’ombrello quando piove. Anche la bottega che vende dolciumi, verdure o snacks in strada confeziona tutto con delicatezza. E va a finire che compri TUTTO per il solo gusto di spacchettarlo e assaggiarlo. Dev’essere il contrappasso dopo più di un anno di Cina, in cui non compri NULLA alle bancarelle per strada perché sembra che l’abbiano fritto con l’olio del trattore.
E poi i giapponesi sono eleganti davvero. Piú che altro curati. Tutti (dalla ragazzine in divisa scolastica all’anziano signore con la borsa della spesa) hanno chiome lucenti, fresche di taglio, e abiti di taglio morbido e abbinati con gusto. Il paragone coi capelli ispidi, gli shatoush verdastri e le giacche a vento a fiori fosforescenti dei Cinesi è schiacciante.
Le strade di Kyoto sono lo scenario perfetto di questa rappresentazione di efficenza ed estetica, ma trasudano in fondo anche una malinconia atavica: é una cosa che non saprei descrivere diversamente e non so nemmeno dettagliare in modo piú preciso. Ma si avverte.
Io cammino per le strade e non posso fare a meno di chiedermi cosa ci sia alla base di quella cultura che fa sí che ogni scorcio sia come una rappresentazione, ogni particolare sia pensato e voluto cosí: che cosa ci si cerca quando lo si pensa, progetta, realizza in un certo modo e ci si guarda dentro. Abituato alla simmetria imponente e alla reiterazione di elementi tutti uguali che costituisce l’estetica cinese (almeno la piú epidermicamente sensibile), la differenza fra questa e quella giapponese, che invece ti porta da A a B accompagandoti in giro alla scoperta di mondi pittoreschi e silenziosi, balza abbastanza all’occhio.
Come la passeggiata che ho fatto, a fine giornata, nel Quartiere sotto Horen-in Temple, andando verso Higashiyama, all’ora del tramonto: è da piangere.
Vanno abbandonate le strade e seguiti i ruscelli.
Ci si ferma sui ponticelli a guardarsi intorno.
A primavera ci sono i ciliegi in fiore che segnano il percorso.
È la cosiddetta “passeggiata del filosofo“.
Nijo Castle
Le strade di Kyoto.
Chio-in Temple.
Yasaka Shrine.
Tramonto al Kiyomitzu Temple.
La “passeggiata del filosofo“.
(Mi si scusi per la quantitá di foto allucinante ma ogni scorcio mi suggeriva o ricordava qualcosa per cui l’ho riportato com’era. Piú per me che per voi. Se invece siete di quelli che apprezzate il reportage completo, la cronaca video del viaggio la trovate QUI)
A domani!!!
Bellissime foto Marty!!! Che impressione rivedere quei posti con colori completamente diversi!!! 🙂