90. Puó capitare

Ora, forse la sto facendo piú lunga del necessario e me ne scuso: peró io se ci ripenso trovo che effettivamente puó capitare, dico puó capitare, che se ti trasferisci da solo in una cittá che non conosci, in un Paese che non conosci, circondato da gente che non conosci che parla una lingua che non conosci, tu ti possa sentire un attimino preoccupato per l’immediato futuro. Puó capitare o sbaglio? Converrete con me che sí, puó capitare.
Alcuni mi scrivono (grazie sempre grazie) dicendomi “Madonna complimenti c’hai un coraggio da leoni” e io rispondo “ma no macché ma che stai dicendo” ma effettivamente in fondo un po’ forse anche sí e fatelo voi se vi riesce. Ma la questione é un’altra.
Tra le altre cose che possono capitare e infatti fortunatamente capitano ci sono anche dei momenti che, va bene le mille difficoltá va bene la tante cose che mi mancano di casa mia (e parlo di persone, affetti, usanze, cibo e anche fisicamente quella quattro mura lí) che poi arrivano pure i ricordi di Facebook accidenti a loro a metterci il carico, ti guardi come da fuori e dici “Oh mai io posso essere felice dove sono, in fondo non mi manca nulla”. Ecco per me quesi momenti sono legati spesso al lavoro, che per quanto possa essere arido o frenetico o frustrante o esaltante sempre sempre sempre mi riposiziona e mi rimette nella giusta prospettiva nei confronti del mondo, ma soprattutto a inaspettati gesti di umanitá che accadono, in maniera improvvisa e tutt’altro che scontata intorno a me.
Cosí é stata l’altra sera, durante una cena offerta da dei fornitori freschi di contratto col Project Team cinese al gran completo: complice una boccia di 白酒 (báijiǔ, il liquore cinese estratto dal riso che si beve nelle grandi occasioni), mi sono sentito parte di qualcosa che andava oltre al lavoro che si é chiamati a svolgere assieme. Mi sono sentito chiedere se potevamo dirci “amici” oltre che colleghi di lavoro (“vuoi essere mio amico?” era una domanda che non mi rivolgevano dalla terza elementare) e ho rimediato un nome cinese (马工) che a me mi fa cacare ma se piace a loro va bene cosí.
Al di lá del fatto che c’é chi continua a dirmi che i cinesi agiscono sempre per un tornaconto e che dovrei essere piú diffidente, scafato o disilluso, o banalmente che la mia stessa esperienza mi insegni come i rapporti di lavoro sono innanzitutto rapporti di lavoro ed é bene mantenere questi ambiti ben separati, questi momenti servono a me, e solo a me, per capire che piuttosto che stare a guardare sempre a quello che manca ci si puó anche sorprendere inaspettatamente contenti o stranamente “completi” facendo la strada che si fa. E non é un atteggiamento da “Pollyanna”, perché non si tratta di sforzarsi a guardare il positivo, quanto di guardare punto e basta.
Insomma quando questi momenti, che qualcuno puó chiamare “caso”, qualcuno puó chiamate “Grazia”, qualcuno puó chiamate “karma”, qualcuno puó chiamare “Eh peró che culo”, succedono tocca sempre farne tesoro. Puó sembrare un MASTODONTICO GRAZIARCAZZO, ma in realtá lo é solo sulla carta perché poi quando succedono cambiano le cose in modo tutt’altro che banale.

felici_dove_si

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