107. No more 白酒.

Scrivo questo post a futura memoria: io e il 白酒 (Báijiǔ) per un po’ abbiamo chiuso.
È cominciato tutto con una cena offerta lunedì dal fornitore degli advertising in una tendopoli ai margini dell’Optic Valley di Wuhan. Ci hanno accolti in una di queste tende rotonde e fatti sedere di fronte a un braciere su cui avevano depositato una pecora stracotta e due pentoloni di brodo bollente in cui galleggiavano pezzi di ciccia di non facile indentificazione. Hanno portato da mangiare per un reggimento e due bottiglie di 白酒, con cui abbiamo innaffiato la cena a suon di bridisi forzati, mentre io cercavo di far sparire impercettibili quantitá di liquore dal mio bicchiere versandomeli sulle scarpe. Un trio di cantanti neo-melodici ha accompagnato il nostro pasto, con l’ausilio di un’amplificazione che avrebbe fatto impallidire quella di un Tour degli U2. A conclusione del lauto pasto ci ha infilati in macchina per condurci a casa un tizio raccattato chissá dove perché nessuno degli astanti era capace di internere e di volere né tantomeno di mettersi alla guida: eravamo troppo impegnati ad ridere e a darci tante di quelle pacche sulle spalle che la metá porterebbero un cristiano al Centro Traumatologico Ortopedico piú vicino (il tutto come si é visto in questo video qui).

Da lí in poi é andato tutto meravigliosamente a rotoli. Una nottata degna del sequel di Trainspotting, una giornata di lavoro a seguire in giro al freddo per il cantiere con gli occhiali da sole di ordinanza, la scoperta che quel brividino di freddo che ti aveva accompagnato tutto il giorno era in realtá un febbrone da raffreddore tanto fulmineo quanto devastante che mi avrebbe poi incollato in casa tutto il giorno. Che é un bel giorno, tra l’altro, il 9 Novembre 2016, per rimanere a casa da solo a lavorare, vista la leggerezza dei contenuti social della giornata.
Mi é venuto anche in mente che esattamente il 9 Novembre dell’anno scorso mi ammalai e duró per un mese, cosa che mi costrinse a rinunciare fra le altre cose a un viaggio a Guangzhou e al profiterol che la moglie del capo aveva preparato con le sue manine per festeggiare il mio compleanno. E che il mio capo si pappó al posto mio.

Quest’anno no, non sento cazzi, ho delle cose da fare.

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