E quindi ariecchiceqquá.
Un anno a fare le tacche per finire l’incarico, un anno fra polvere e fango in cantiere, un anno a mugolare di quanto la cittá sia ostica e priva di stimoli, un anno di casino e deliri vari, un anno di scoperte ma anche di grande solitudine… e ora che devo lasciare Wuhan mi dispiace pure!
Se mi guardo indietro (segnatevi la data perché no lo so, eh, quando mi ricapita) ora mi pare mi siano rimasti addosso solo una grande soddisfazione nel vedere l’Outlet diventare ciccia, il modo con cui i colleghi cinesi del mio team si sono presi cura di me, i rapporti di amicizia nati in modo assolutamente inaspettato con loro e la gente conosciuta qui a poco a poco (che chissá se sopravviveranno all’ennesimo trasferimento), i pochi angoli di una cittá immensa e caotica diventati a poco a poco piú familiari… e SBADABÁM partire mi dispiace.
Ennesima scena giá vista, per caritá: scena di cui si conosce giá il lieto fine perché tanto si sa che poi va tutto bene e anzi per questo nuovo capitolo che chiameremo Beijing 2.0 siamo giá carichi a pallettoni e determinati a farsela prendere bene di brutto.
Peró, ragazzi che vi devo dire, un po’ mi dispiace.
E una tale dichiarazione di affetto a Wuhan, a questo punto, non so piú se stia a significare che la mia capacitá di adattamento é migliorata esponenzialmente, se sono le mie aspettative sulla qualitá della vita che si stanno riducendo in modo drastico, se sono solo diventato piú bravo a trovare il buono anche in posti brutti, o se semplicemente ormai sono diventato come i jeans e la camicia bianca… che dove li metti stanno bene.
Ma, com’é come non é, non si sa.
Oggi si ricomincia.
NEXT.
Ci vediamo a Pechino.
See you in Beijing.
北京见。
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Dajeeeee! Che faccio? Butto la pasta???
Non è una cattiva idea… 😉