Il piccione é un volatile odioso, sporco e soprattutto inutile. Ma anche no.
Credo peró sia giusto sappiate che un esemplare della suddetta specie, la stessa che noi vorremmo vedere estinta ogni volta che ci passano vicini nelle piazze (e che poi in modo quasi puntuale si vendicano cacandoci grandemente addosso manco avessero il dono della lettura nel pensiero), puó valere qualche centinaia di migliaia di Euro.
Eh sí signori miei.
No aspettate, dove state andando!? Mollate immediatemente quel retino, che a correre in piazza del Duomo per accaparrarvi qualche pennuto, in caso ci andate dopo. Capisco che improvvisamente le suddette bestioline vi piacciano giá di piú… ma state calmi, e fatevi raccontare in soldoni la vicenda.
Mentre la scorsa settimana stavo raccontando che nella mia nuova dimensione cittadina degli Hutong vengo quotidianamente svegliato dal verso di tortore e colombi, spesso appollaiati sul tetto di casa mia e di quella dei vicini, il mio caro amico Cigo (che a questo punto DEVO citare perché dopo avermi consigliato il film del post scorso mi ha anche elargito la perla di questa settimana, per cui tutti insieme un grande applauso a Cigo, evviva Cigo, grazie Cigo ma No, Cigo, mettiti il cuore in pace tanto le royalties non te le pago) mi ha appunto messo al corrente di questa curiosa e direi “innocua” passione della nuova classe abbiente pechinese: i piccioni da competizione.
Il concetto trae sostanzialmente spunto dal classico mito del piccione viaggiatore, esistente sin dall’antichitá e perfezionato in tempo di guerra allo scopo di recapitare messaggi a distanza attraversando spesso le trincee nemiche dall’alto. Nel nostro frangente peró i piccioni sono dotati, anziché del solito bigliettino arrotolato alla zampa, di apposito braccialetto con codice magnetico e il percorso che devono compiere é, invece di una campo bellico, quello verso casa da un luogo non meglio precisato presso il quale vengono condotti da un camion su ci sono alloggiati comodamente in batteria in apposite gabbiette. Le porte delle gabbiette si aprono in contemporanea, i piccioni si librano dell’aria e il primo che arriva a casa vince.
Di per sé sarebbe quindi una gara assolutamente innocua, praticamente ecosostenibile, una di quelle cose che si potrebbero fare al parco la domenica con i bambini. Peccato che il sussurrato spirito competitivo cinese, che ha come aggravante una propensione per le scommesse che definirei appena appena accennata, abbia ben presto trasformato questo passatempo innocente in business miliardario, in cui i pennuti vengono acquistati a prezzi esorbitanti allo scopo di vincere denaro sonante e gloria sempiterna (QUI un articolo che riporta la vendita di un piccione belga per la cifra record ti trecentociecimila euro), in cui molti proprietari si indebitano fino alla punta dei capelli per poter coronare il proprio sogno, e attorno ai quali si viene a generare ovviamente un giro di scommesse con un volume di introiti tale da far sembrare il Totocalcio all’inizio degli anni Ottanta una raccolta delle offerte alla messa prefestiva delle nove e mezza.
Insomma una cosina da niente, una sciocchezzuola low-profile come solo i cinesi sanno fare, cosí come accuratamente tratteggiato da un documentario realizzato da Vice qualche anno fa, e che vi consiglio di guardare in versione integrale qui sotto. Ci sono anche un paio di situazioni in cui il cronista si trova “intrappolato” che mi hanno ricordato i miei esordi in Estremo Oriente, con quel senso di accoglienza sí sincero e caloroso ma sempre venato di una sottile ombra di esibizionismo. Vi lascio alla visione del documentario, spero vi piaccia: io adesso vado che devo dare una ripulita alla voliera tre metri per cinque che ho appena installato in terrazza. Ciao.
dovremo iniziare a guardare i piccioni con gli occhi dell’amore.
e dovrò dire a madreh di mettere trappole al posto della carabina che spara sale sul terrezzo.