136. Vier Tage in Berlin

Doverosa premessa: io a Berlino c’ero già stato. Nel Maggio del 2000.
È vero, erano diciassette anni fa, si camminava sulle assi di legno fra un cantiere e un altro, in mezzo a Potzdamer Platz c’era ancora il cubo rosso dell’Info-box a fluttuare nell’aria fra le impalcature e le gru, ma le grandi opere di architettura contemporanea erano più o meno tutte finite e visitabili. Anzi ricordo ancora con emozione la giornata trascorsa al Museo Ebraico di Libeskind (ancora non allestito al suo interno e già di una potenza comunicativa senza precedenti), quella all’altare di Pergamo nell’omonimo museo e il pomeriggio alla Neue National Gallerie di Mies Van Der Rohe, luoghi che quest’anno per una ragione o per un’altra non avrei potuto comunque visitare nelle stesse condizioni privilegiate.
Quindi, forte della mia giá importante esperienza passata (magari farò una lista nei commenti a seguire dei must-see più interessanti su questo fronte) ho evitato volentieri che a dettare i termini della mia quattro-giorni fosse la scia delle architetture famose e ho lasciato che fosse la vita degli amici expat di Berlino a guidare il mio percorso: il nuovo viaggio ha quindi ricucito e consolidato una fisionomia più completa dei vecchi ricordi random e mi ha aiutato a definire un’immagine della città globalmente più chiara, proprio nell’accezione in cui viene vissuta e percepita da chi a Berlino ha deciso di fondare la sua vita futura.

[Minchia ma come parlo bene quando mi do arie da architetto…!]

Ma procediamo con calma.





Dopo tanti anni ho visto Berlino certamente cambiata ma con uno spirito ancora riconoscibile, almeno nel suo carattere per me piú intinseco ed evidente: quello di una cittá apparentemente labile in cui é difficile avere punti di riferimento.
Uno è generalmente abituato a vivere un ambiente urbano in modo organico, a percorrerlo per aree e vedere tutt’attorno, assieme, edifici più o meno della stessa epoca: c’é il centro storico, il quartiere ottocentesco, quello piú moderno, e poi via via le periferie piú impersonali; il che permette di acquisire un buon senso dell’orientamento nella maggior parte delle città e renderle abbastanza riconoscibili.
Non aspettatevi questa cosa da Berlino: un po’ per la diversitá dei tessuti sociali che popolano i veri quartieri, un po’ per le profonde e inguaribili ferite inferte dalle sue vicende passate, Berlino non é una cittá ma tante città in una. Questo la rende affascinante e indecifrabile allo stesso tempo: a volte si cammina in zone che sembrano assolutamente periferiche per poi scoprire di essere nella fascia di unione di due quartieri centralissimi, a volte si scovano, in deserti angoli bui, impensabili cuori pulsanti e brulicanti di vita. Uno scenario sorprendente e inaccessibile a chi non lo conosce e lo vive giá da un po’, un mondo vago in cui sembra che possano trovare spazio e convivere pacificamente dalla puntualità più asettica alla peggior depravazione.









Lo scenario piú caratteristico di questo quadro é per me il quartiere di Kreuzberg, un mondo fatto di graffiti, rampicanti e biciclette, in cui mani e mani di colore hanno nel tempo coperto e nascosto il grigio uniforme delle vecchia facciate. Kreuzberg é il luogo in cui la cittá Berlino si mostra piú fragile e indomabile, sventrata ma con un’anima vivissima. Le facciate sono trafitte di vuoti, lotti un tempo occupati da edifici demoliti dalla Guerra e mai piú ricostruiti, in cui ora trovano spazio piccoli parchi spogli e su cui affacciano fronti ciechi decorati da artisti locali. Niente é progettato a tavolino, niente é bello in quanto tale, ma nel complesso é un microcosmo irripetibile, un universo che ha fatto delle sue ferite un punto di forza e dello squallore una vera e propria estetica.





Perfino la casa in cui la mia amica S. mi ha ospitato, caratteristico loft in un palazzo ripulito quanto vuoi ma col montacarichi per arrivare al piano e il letto messo per terra su uno strato di pancali di legno in una camera senza tende, ha fatto il suo gioco per completare il processo di immedesimazione.





Lo stesso mood della cittá, che fonda la sua estetica nella totale assenza di preoccupazione di tipo estetico, si ritrova anche nella gente che la anima. E quindi, giú, strade popolate da calzini bianchi, shatoush verdi e septum, di gente di cinquant’anni in giro con i dread-locks e le infradito che é fighissima solo in virtú del fatto che si vede da un chilometro che se ne sbatte i coglioni di quello che ne pensano gli altri, di donne in pantaloncini e canottiera che hanno l’aria di essersi appena alzate da letto e di stare serenamente indossando una coppetta mestruale, insomma questo genere di cose qua. Il problema é che questo atteggiamento easy e solo apparentemente sciatto é quasi una droga per cui sono certo che se abitassi qui finirei molto presto e con orgoglio per andare in giro in ciabatte, coi capelli raccolti a trecce, una canottiera di cotone e via. Senza mutande sotto i calzoni, manco a dirlo.



Come ho scritto, la mia vacanza non mi ha portato in giro per gli scenari da cartolina, ma mi ha accompagnato per i luoghi in cui i Berlinesi conducono la loro ordinaria esistenza quotidiana.
A seguire lascio una semplice lista dei posti visitati; ho elencato i vari luoghi (alcuni con corredo di foto altri no) nell’ordine in cui io stesso li ho visitati, cosí chi vuole possa ripercorrerne le tracce in modo semplice e senza dover attraversare la cittá randon per andare da un posto all’altro.


Quartiere di Prenzlauerberg



EberswalderStaße (consigliato break a base di Currywurst e Bratwurst al chioschetto sotto l’Ubahn);
Caffé e cantucci a UN FORNETTO (i pratesi arrivano ovunque e ovunque portano pratesitá);
Kollowitzstaße, Sredzkistraße, Oderbergerstaße (brunch all’EntwederOder cafe);
Kulturbreuerei (centro culturale in una manifattura di birra dismessa).

Memoriale del Muro di Berlino.
MauerPark, Bernauerstaße e Gedenkstätte Berliner Mauer (preparatevi ad avere il magone, quella del muro é una memoria ancora viva e sanguinante, di una potenza evocativa senza eguali).








Gartenstraße in bici fino a Wedding;
Piano Salon Christophori (fabbrica di pianoforti in cui abbiamo assisitito a un concerto per piano di Schubert, Beethoven, Prokoviev).

Tentativo fallito di accesso al Fabrik23 (un insieme di locali occupati di un vecchio edificio dismesso in cui si tengono feste, lezioni di danza, concerti estemporanei e installazioni d’arte);
Passeggiata per LinienStraße (strada fighetta di Mitte costellata di gallerie d’arte).

Colazione a Engelbecken (sul laghetto) e brunch al Morgenland di Kreuzberg;



Giro a Markthalle Neun (mercato coperto con chioschetti di prelibatezze locali);


GörlitzerPark e Berlin arena;
Oberbaumbrücke fino alla fine della East Gallery.







Frankfurter Tor / Aperitivo all’Horlzmarkt lungo fiume.




Cena a base di pollo fritto – una sola voce nel menú – da Henne a Kreuzberg;
Monarch (bar segreto di Kotti);
Tappa obbligata al al Mustafa Gemüse Kebab (un’ora di fila costante per avere il Best Kebab ever).

Il Monarch Bar (nella foto a destra il maestoso portale di ingresso) é uno degli innumerevoli club segreti di Berlino: ce ne sono a centinaia, nelle fondazioni dei palazzi, nei sottotetti, nei locali tecnici della metropolitana, nelle fogne, e si conoscono solo per passaparola. Ci circola ovviamente LA QUALUNQUE ed é bene essere un po’ scafati per andarci ma é un’esperienza da fare. Nel 2000 ebbi il privilegio di passare la mia serata al Freitag, in uno scantinato che non saprei ritrovare a cui si accedeva da un tombino, invaso di bottiglie di birra, puzzo di canna, musica a palla e gente che copulava in ogni angolo alla luce di ceri da cimitero. Il Monarch (all’apparenza molto meno estremo) é invece uno dei bar segreti attorno alla fermata Ubahn di Kottbusser Tor. Non il piú interessante ma l’unico aperto quella sera di cui abbiamo trovato l’accesso. Come scovarlo é descritto piuttosto bene a questo link QUI.

Mitte
PostdamerPlatz / Topografia del terrore (magone come sopra).



Zoo di Berlino
Bikini e Monkey Bar;
Cena a la Cocotte di Schoneberg.






Giro in bici al Tiergarten, Brandenburg Tor, Isola dei Musei.




A conclusione di questo tour virtuale a Berlino, ve la butto lí:
MIA17 Nomination
il caso vuole che, per ragioni del tutto ignote e a mia insaputa piú di quanto non lo fosse Scajola con la vicenda della casa a lui intestata davanti al Colosseo, MartinoExpress sia in lizza per la votazione finale dei Macchianera Internet Awards 2017, nella categoria Travel Blogger (come sia possibile non lo so, ma cosí é).

Se vi va, se vi piace, se avete voglia, ma soprattutto se trovate divertente quanto me che a vincere il premio di “Miglior Travel Blogger” possa essere uno che non é un Travel Blogger, potete votare MartinoExpress al numero 30, nella scheda che si apre cliccando QUI.
Siccome perché la votazione sia valida dovete esprimere il voto in almeno 10 categorie, sbizzarritevi sulle altre come vi pare e piace o ancora meglio alla cazzo di cane. Da parte mia vi consiglio di volere tanto bene anche a UAO Radio, in categoria 24, che ha sempre dedicato uno spazio speciale ai contenuti di MartinoExpress nella sua pagina Facebook.

3 pensieri su “136. Vier Tage in Berlin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *