138. Settembre

Settembre è stato sempre uno dei miei momenti preferiti dell’anno. Lo é da quando ero piccolo e andavo a scuola, quando era era il mese del Luna Park a Prato, della festa in Parrocchia, della corsa per accaparrarsi l’ultimo banco; è stato poi nel tempo il “settembre scoppiettante” (cit.) delle sagre, del centro di Prato in festa, delle mattinate in cui ti svegli per andare al lavoro ma l’aria è già freschina nonostante il sole ancora limpido dell’estate.
Che piaccia oppure no Settembre é il mese in cui (senza per questo dover cedere per forza alla retorica dei buoni propositi di inizio anno sociale, delle partenze dei treni per Hogwarts e ai buongiornissimo kaffèèèè coi coniglietti glitterati) si ricomincia con la vita “ordinaria” e questo porta inevitabilmente con sé un certo carico di aspettativa anche (ne sono convinto) negli animi più cinici e duri. Che poi, ricordiamolo, sono spesso i primi insospettabili a finire pacchi di kleenex davanti a Grey’s Anatomy.

Il Settembre cinese, e in particolare quello di Pechino, è bello per una doppia ragione. Prima di tutto perché il mese del rientro a lavoro per noi stranieri in Cina é anche quello che precede le National Holidays di Ottobre e concorderete con me che l’aria di un break imminente introduce in questo scenario un carico di positivitá non indifferente.

Come seconda cosa, bisogna dire che giá di per sé la Capitale ci mette effettivamente del suo: di solito proprio a ridosso delle vacanze Beijing diventa sede di eventi di rilevanza internazionale (di carattere sportivo, politico, culturale), e la conseguente chiusura delle fabbriche piú impattanti in termini di inquinamento atmosferico regala giornate bellissime, con un clima da sogno perché – incredibile a dirsi – qui la mezza stagione esiste eccome e c’é davvero la possibiltá che il maglioncino di cotone tu lo possa indossare davvero per due mesi, invece di passare direttamente dai bermuda al parka imbottito.

Il mio nuovo partner di viaggio, Valentino, mi ha decisamente svoltato l’esistenza in termini di libertá di movimento: passo quotidianamente in mezzo a schiere di biciclette sui viali della CBD circondati da grattacieli o casupole malconce di Beixinqiao LIKE A BOSS, incurante della velocitá risibile del mezzo ma sorpreso di come quello che solo pochi mesi fa mi lasciava a bocca aperta, sopraffatto e ammutolito, adesso sta davvero diventando familiare in tutto e per tutto. E devo dire che dopo i continui cambiamenti e necessari assestamenti di questi due anni e mezzo, questa é una sensazione davvero molto bella da provare.

Ma é un’altra, quest’anno, la novitá vera e no, non sto parlando dei miei capelli ingrigiti dall’oggi al domani che manco Leland Palmer, grazie ad ausili chimici di dubbia provenienza elarigiti da parrucchieri locali. A fare davvero la differenza é piuttosto quello che chiamerei un ritorno alla vita sociale degno di questo nome.

Quando sono tornato da Wuhan mi sentivo come le protagoniste di quei nefasti episodi di cronaca nera tristemente frequenti in Austria una decina di anni fa, in cui dagli scantinati di villette bianche a linde spuntavano povere ragazze tenute segregate lí per anni tanto da rendere necessario un progressivo processo di reintegrazione nella societá, in modo che non fosse per loro traumatico (ok, il paragone é FORSE un po’ colorito ma ci siamo intesi). Fatto sta che quando mi ritrovavo a cena fuori con gente nuova, e capitava due/tre volte a settimana, mi capitava di chiedere implorante “vi prego, non presentatemi piú di due o tre persone nuove a sera, perché é un anno che parlo solo con lo schermo dell’iPhone e con tutto questo umano mi va in tilt il sistema”.
Poi mi sono incredibilmente scoperto ancora capace di intrattenere una conversazione con piú utenti allo stesso tempo e c’ho preso gusto, arrivando addirittura ad essere ammesso nel cerchio della fiducia di un gruppo di amici che adesso é il MIO gruppo di amici. Questo senza voler nulla togliere alle persone che frequentavo in precedenza, a Pechino cosí come a Wuhan. Si trattava peró prevalentemente di gente che ha famiglia e quindi tempi e modi di vita diversi, e una serata in loro compagnia era ancora qualcosa di eccezionale: adesso la condivisione del tempo libero é proprio la regola delle mie giornate e, nonostante un piccolissimo gap generazionale che ci separa, quelle che ho attorno sono persone che fanno sotto molti aspetti una vita simile alla mia e condividono spesso le mie stesse esperienze.
Chi mi conosce un po’ sa quanto stare in un contesto cosí mi ridimensioni tante paturnie e rimetta in una giusta posizione di fronte a tante questioni.

Dopo la terza sera consecutiva passata in qualche ristorante o davanti a qualche drink, o con qualcuno che magari ti manda un messaggio all’uscita dal lavoro e con cui ti ritrovi dopo dieci minuti a imbastire una cena estemporanea, parlando di lavoro, di relazioni, di desideri, di futuro… quando ho esternato la mia preoccupazione che questo scenario goliardico potesse essere solo relegato al momento di bella stagione attuale, mi sono sentito rispondere “Guarda che la nostra attivitá preferita durante l’inverno inverno é di chiudersi in casa di uno a turno, al riparo dal freddo e dall’inquinamento, portare viveri, cucinare e ci sfondarci di cibo e alcool dalla mattina alla sera. Ogni weekend. É cosí che noi si sopravvive a Pechino”. Al che, ho emesso un sonoro “molto bene” e fatto un secondo giro di Spritz.

Ripensandoci, in quanto a buoni propositi per l’inverno si potrebbe mai desiderare di meglio?

PS: Il “Settembre architettonico” che avevo anticipato QUI é stato rimandato causa improvvisi impegni professionali di Ahao. Se il tempo lo consente diventerá un “Novembre architettonico”. L’“Ottobre architettonico”, invece, me lo vado a fare negli States. Ci vediamo LIVE da lí, per la prima volta sul canale Instagram Stories. Ciao.

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