168. Maijishan

La provincia del Gansu ha una forma allungata, perché il suo territorio è letteralmente schiacciato fra l’Inner Mongolia a Nord-Est e l’altopiano del Tibet a Sud-Ovest. Questo la divide essenzialmente il due parti: una desertica e montana (conosciuta per i paesaggi brulli e inondati di sole delle Rainbow Mountains o di quello che viene considerato il primo tratto della Grande Muraglia), e una più “verde”, prossima allo Shaanxi – con capoluogo Xian – e al Sichuan – che ha il suo centro in Chengdu. Il monte Maiji (Maijishan), parte meridionale della prefettura di Tianshui“acqua celestiale” che deve il suo nome alle sorgenti termali di cui è ricca – appartiene a questa seconda area, ed è distante da Chongqing appena un’ora di volo.
Bene, adesso, dopo questa spiegazione geografica esaustiva e ricca di link esterni come non ne facevo da anni, io vado spossato a schiacciarmi un pisolo, per cui intanto guardatevi il video che torno a raccontarvi il resto.

Finito? Benissimo.
Ora è successo che Agus avesse un evento a Longnan (città non bellissima, tanto per usare un eufemismo, a sole tre ore di macchina da Maijishan) proprio di lunedì mattina e che mi abbia chiesto se mi andava di accompagnarla. Che vuoi fare, allora, non ci attacchi la domenica per andare a vedere qualcosa di bello? Poi da cosa nasce cosa, un invito ne tira un altro, fatto sta che abbiamo finito per riempire l’auto che sarebbe servita a raggiungere la destinazione finale e in Gansu ci abbiamo schiacciato tutto il fine settimana, con tanto di giornatona alla stazione termale di Tianshui.
Il fine settimana è stato perfetto.
Il sito archeologico di Maijishan (bollato con la quintupla A che constraddistingue i siti di più alto valore artistico o paesaggistico, e benedetto dall’UNESCO) è davvero uno spettacolo da togliere il fiato. Non sorge lì a caso: il cosiddetto corridoio del Gansu (nome dovuto appunto allo “schiacciamento” fra Inner Mongolia e propaggini del Tibet) era un passaggio forzato per l’originaria Via della Seta, attraverso la quale, assieme ad altri canali, in Cina arrivò il Buddismo, ed è proprio il Buddismo che questo meraviglioso sito archeologico va a celebrare.
La costruzione ebbe inizio sotto la Dinastia dei Qin Posteriori (sì, fa ridere anche anche me e, no, non chiedetemi di più), tra il 384 e il 417, e fino al secolo scorso le grotte sono state quasi initerrottamente luogo di culto. Sopravvissute alla tendenza cinese di demolire gli artefatti eseguiti sotto una determinata dinastia al subentrare della seguente, parte delle grotte è stata però distrutta da vari terremoti ed eventi naturali, i quali hanno altresì risparmiato, anche se lasciandole danneggiate, le grotte orientali e occidentali. Attualmente vi sono ancora duecento grotte, decorate da più di 7000 statue in pietra e terracotta (essendo la roccia della montagna molto friabile, queste prevalgono sulle prime) e oltre 1300mq di affreschi e dipinti murali che documentano e testimoniano la cultura, l’arte e la fede buddista in Cina. Proprio per l’arco di tempo incredibilmente ampio in cui sono state realizzate, queste statue, che conservano in molti casi un livello di finitura e dettaglio incredibili, sono un documento accurato dello stile, dello sviluppo e della tecnica della scultura religiosa buddista cinese.
Noi le abbiamo viste in un’atmosfera limpida di inizio inverno, con delle spruzzate di neve ancora fresca ad esaltare i contorni delle montagne circontanti e l’aria pungente ad infiltrarsi nelle ossa.
Infatti, per riprenderci dal freddo, abbiamo dovuto mettere il culo a mollo nelle terme di Tianshui per mezza giornata a seguire.
Di seguito: ampia documentazione fotografica a corredo di quanto asserito.

Buon Natale a tutti, e grazie ancora una volta per aver viaggiato con MartinoExpress.






















































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