169. Zhanghjiajie e TianMenShan

Per festeggiare la fine del 2020 ed entrare di gran carriera nell’anno della riscossa mondiale 2021 (spoiler: non cambierà un cazzo) sono andato due giorni a Zhanghjiajie e TianMenShan.

L’occasione è stata il compleanno del greco, che il primo gennaio ha fatto cifra tonda, e quindi abbiamo pensato che non avremmo lasciato i festeggiamenti per l’anno nuovo “stealing his thunder once again“. Il greco è stato pertanto debitamente incappucciato e prelevato con la forza dal suo appartamento a Beijing, caricato prima in taxi e conseguentemente su un aereo alla volta di Zhangjiajie dove ad aspettarlo c’era il reparto Chongqing della compagnia, ovvero io, con corredo di torta al cioccolato.

Non mi capita spesso di viaggiare in compagnia di qualcuno. Non mi capita mai di farlo in gruppo, e quando si presenta l’occasione non mi aggrego mai particolarmente volentieri. Quest’area dello Hunan era però nella bucket list da troppo tempo e quella offertami dal lungo weekend di capodanno era veramente l’occasione d’oro per visitarla, per cui mi ci sono buttato a pesce. Il tempo ci ha aiutati, specialmente il primo giorno, e Zhangjiajie ci ha orgogliosamente rivelato tutta la magnificenza del suo scenario naturale, noto anche in Italia per aver ispirato l’ambientazione del film Avatar. Questo landscape incredibile è frutto di un’incessante fenomeno di erosione in corso da milioni di anni, che ha solcato progressivamente questo altopiano fatto di pietra sedimentaria fino a trasformarlo in un ammasso di speroni e ricoperti di vegetazione lussureggiante che ricordano quasi una foresta fatta di roccia.

Muoversi all’interno di esso, sia a piedi sia attraverso l’uso delle numerose infrastrutture (ascensori, passerelle, seggiovie, funivie, trenini elettrici a volte un po’ troppo affini a quelli di un parco divertimenti rispetto a quelli che ti aspettesti di vedere in un parco naturale) per percorrerlo in lungo e in largo, è un’esperienza meravigliosa che consiglio caldamente a tutti. Andateci presto e partite alle aree più a sud, cercando di raggiungere nel più breve tempo possibile la zona centrale di Wulingyuan: è quella che vale di più la pena di essere percorsa a piedi, e goderla al meglio essendosi lasciati alle spalle la folla numerosa che inevitabilmente arriverà durante la mattinata mattinata.

Altro consiglio che vi regalo è quello – non richiesto ma, fidatevi, prezioso – di non dare mai mai mai da mangiare alle innumerevoli scimmie che ci abitano: ve le ritroverete alle calcagna per ore, nel tentativo di sottrarvi qualsiasi cosa di commestibile portiate con voi, caparbiamente pronte ad attaccarvi fino ad aver portato a termine la loro missione.






















Il giorno successivo la destinazione di viaggio è stata invece TianMenShan (porta del Cielo), una trentina di chilometri più a sud del primo sito, la quale deve il suo nome all’enorme buco sul fronte orientale della montagna. Al contrario di Zhangjiajie non è tanto lo scenario naturale ad essere mozzafiato, quanto le strutture realizzate per accedervi: con un dispendio di risorse inimmaginabile la montagna è stata resa accessibile da una funivia così estrema che sembra far fluttuare le cabine nel cielo, percorribile da una serie di passerelle, molte con impalcato di vetro, che ne perimetrano la sommità, e attraversabile da una linea di scale mobili probabilmente lunga quanto la somma di quelle installate in tutta la Metropolitana di Londra.
Io, che con le altezze eccessive ci vado poco d’accordo, mi sono cacato sotto al punto di pentirmi di essere salito dopo venticinque minuti (ho sognato di cadere in crepacci innevati per tutta la nottata successiva), ma ciononostante è stata anche questa un’esperienza memorabile.





Vi lascio con un conto alla rovescia, ovvero quello in attesa del prossimo Capodanno Cinese. Ho in serbo una destinazione di viaggio davvero niente male.

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